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sabato 3 settembre 2016

Abisso Cabianca, foto test su pozzo a tubo

di Sandro Sedran

In vista dell'uscita fotografica all'Abisso del Novegno, dove dovremo fotografare un bel pozzone da 200m!, abbiamo aprofittato dei giorni passati al raduno "tutti giù in Lessinia", di Velo, per andare a visitare una grotta che ci mancava: l'Abisso Cabianca.


Esso è una grotta di breve sviluppo, sostanzialmente pozzetto+scivolo+pozzo, ma che presenta uno dei più bei pozzi presenti nella nostra regione.

sabato 22 febbraio 2014

Vajo dei Modi - il video

Riprese fatte nell'estate 2011 durante una discesa di reportage fotografico per il raduno internazionale di speleologia "SpeleoLessinia 2011" svoltosi a Negrar.
Si ringrazia il GAM per averci fatto trovare la grotta già armata.
Riprese video: Simona Tuzzato
Foto: Sandro Sedran
Montaggio: Massimiliano Lazzari
Luci: Alberto Rossetto, Lara Nalon, Gianluca Niero
Musica: Stefano Mocini - Inside

sabato 25 gennaio 2014

Grotta sotto Contrada Volpi: il video

Dopo tre anni di muffa all'interno dell'hard disk, finalmente le riprese fatte in questa bella grotta veronese possono essere condivise con tutti.
Qui il racconto e le foto di questa uscita.

Riprese di Simona Tuzzato
Foto di Sandro Sedran
Luci di Sara Farnea, Gianluca Niero, Massimiliano Lazzari, Simona Tuzzato
Montaggio di Massimiliano Lazzari

Videocamera Sony HDR-SR11. Macchina fotografica Canon 40D.


sabato 3 marzo 2012

Cave di Prun

Ci sono posti creati dall'uomo un tempo molto frequentati e brulicanti di vita, ma che poi, per un motivo o per un altro, vengono abbandonati a se stessi e passano nell'oblio.
Le cave di Prun sono state intensamente sfruttate per l'estrazione della famosa pietra della Lessnia ed abbandonate decenni fa. Noi speleologi sappiamo che tutte le cavità che non sono state create dalla Natura sono estremamente instabili e diventano altamente pericolose quando l'uomo ne abbandona la manutenzione.
Le cave sono state scavate lasciando dei pilastri di sostegno alla volta, spesso troppo esili per consentire al soffitto di raggiungere un equilibrio stabile a franapoggio. La pietra tenera delle stratificazioni che fanno da soffitto ovunque, con il passare del tempo si è indebolita ed ha causato il crollo del soffitto in più punti. I crolli che si vedono sono avvenuti in diversi momenti, ma è chiaro che prima o poi ne avverranno ancora e le vistose crepe sono un segno inequivocabile. L'ultimo terremoto, con epicentro proprio da queste parti, ha causato nuovi ed importanti crolli.

La nostra documentazione fotografica è stata richiesta per portare l'attenzione delle autorità sul pericolo di nuovi crolli, specie nel tratto di cava che passa proprio sotto la strada comunale.
Comunque, anche se di origine umana, queste cave presentano un fascino ed una bellezza capace di destare meraviglia al visitatore che le percorre, specie se viene accompagnato da qualcuno che gli racconta la storia di questi luoghi.

Foto S-Team (Sandro e Donato) in collaborazione con Sandro Dalle Pezze.
Tutte le foto fatte le trovi cliccando qui.

martedì 27 settembre 2011

Il Baratro!

Non so perchè Sandro Dalle Pezze ci tenesse così ardentemente, ma tanto ha insistitio e tanto ha fatto che finalmente è riuscito ad organizzarci l'uscita fotografica alla Via Antika nella Spluga della Preta.
Sabato mattina siamo in 21 (!!!) pronti a scendere in grotta. Un nutrito gruppo di Imolesi viene accompagnato dai Veronesi del GAM e, dato che erano in "pochi", han ben pensato di aggiungere anche qualche Vicentino del Proteo. Le corde di discesa sono solo due ed a tutti vien male a pensare alle possibili ore di fredda attesa che dovremo patire per risalire il P131.
Finche aspettiamo, Damiano si mette a fare il malgaro per allontanare delle mucche che, con il loro campanaccio, c'impedivano di sentire il "liii-beee-raaa" dal fondo. Poi è bello sondare le emozioni di chi si accinge a scendere il pozzone per la prima volta. Chi ci scherza su, chi ha paura di non farcela, chi cerca di rilassare la tensione facendo stretching, ognuno confortato da chi lo ha già fatto e che rassicura sul fatto che sarà bellissimo ed utilissimo per sbloccare la mente dalle paranoie da pozzo lungo.
Per fortuna la nostra squadra fotografica è l'unica che entra in Preta per "lavorare" e, giustamente, ci viene data la precedenza nella discesa. Damiano, affiancato da Gianluca Carboni da Forlì, arriva sul bordo della dolina e si trova un nodo sulla corda! Giorgio Annichini è sceso, ma ha armato il frazionamento solo sulla sua corda, senza lasciare detto nulla a chi seguiva. A Damiano gli sembrava strano che la corda pesasse un po' troppo!
Ci raggruppiamo tutti alla partenza del P108, ma noi lo attraversiamo alti su una cengia larga due spanne ed il vuoto sotto: impressionante quanto affascinante. Si risale un pendio colmo di sassi, camminando quasi sospesi nell'aria per il terrore di farli cadere nel P108, e poi si scendono un paio di saltini fino ad arrivare al Pozzo del Decennale. Per attraversarlo in testa si usa una corda con ansa lunghissima facendo il cambio attrezzi sospesi nel vuoto. Ci s'infila in uno stretto cunicolo, giù un'altra decina di metri con pendolata in una finestra laterale e poi, finalmente, IL BARATRO!
 Un gigantesco specchio di faglia, quasi verticale, occupa tutta la parete di destra, mentre a sinistra c'è una parete molto fratturata ed irregolare; in mezzo un canalino inclinatissimo che scarica in continuazione sassi e fanghiglia che vengono smossi dagli speleo durante la discesa. Per questo motivo l'armo è stato fatto in parete con continui pendoli tiratissimi che ci hanno costretto a montare quasi sempre i bloccanti per arrivare al frazionamento successivo tra un corollario di porki senza fine a causa della schifosissima fanghiglia che ricopriva qualsiasi cosa. La roccia è marcia ovunque si posano gli occhi. Anche gli armi sono stati fatti su blocchi di roccia compatta inglobati a quella incoerente.
Ci mettiamo tantissimo, ma alla fine siamo tutti al fondo. Mentre aspettiamo che scenda l'ultimo, scattiamo un paio di foto della zona del fondo con lo splendido camino laterale. Poi, subito riparte il primo che nel frattempo si è già altamente infreddolito.
Il fondo del Baratro o lo splendido camino laterale
Qualche foto di prova per aggiustare l'inquadratura e poi posiziono la macchina per la serie di scatti che documenteranno il Baratro visto dal fondo.
La risalita è una tragedia per tutti! Il fango impedisce ai bloccanti di fare presa e ci costringe a spingerli manualmente ad ogni pompata raddoppiando le fatiche e sparando a mille lo stress con conseguente rosario di porki a raffica. Come se non bastasse, a Simona si rompe la cinghietta pettorale del bloccante ventrale (rimpiazzata con un laccio da scarpe) ed a Donato si rompe il pedale (rimpiazzato dal cordino del sacco di Damiano).
La salita sui pendoli ci porta in alcuni punti a trovarci nel fondo inclinato dove scaricano i sassi di quelli sopra e quindi ci obbliga a sincronizzare la salita in base o dove si trova chi ci precede per restare in zona sicura. Siamo lentissimi; infatti quando arriviamo alla base del P131, alle ore 22, siamo gli ultimi. Gli Imolesi, che erano andati fino a Sala Cargnel, sono già risaliti e Giorgio Annichini è in corda che chiude il gruppo. Merd! Ci toccherà disarmare.
Donato è stracotto dalle fatiche fatte per risalire il Baratro: ci metterà quasi due ore per uscire dal P131! E' incredibile quanto freddo si prende ad aspettare alla base di questo pozzo. BRRR !!! Prima di partire mi sgorno una red-bull e mi ciuccio una "bombetta" energetica che mi fa risalire in mezz'ora senza sentire la minima fatica. Non per niente ..... "red-bull ti mette le aaaaliiiii..." !! ;-)
All'una di notte siamo fuori tutti. Una volta cambiati, scendiamo a Fosse per concludere come si deve un'uscita memorabile al bar davanti ad un bel birrozzo e, per le freddolose signore, una tazza di tè bollente.
Un ringraziamento speciale a chi ci ha armato la discesa al Baratro appositamente per consentirci di andare a fare la documentazione fotografica. A loro va tutta la nostra ammirazione per il culo che si sono fatti e per i numeri che avranno fatto per attrezzare i tanti passaggi aerei e complessi che c'erano. Bravi!
Complimenti alla Lara, neo-corsista da neanche un anno, che, grazie alla sua quasi bradipesca calma e meticolosità, è riuscita a togliersi dagli impicci di manovre semi-critiche che hanno dato filo da torcere anche ai più esperti.
Come se non ci bastasse un'uscita del genere, domenica attraversiamo tutti i Lessini veronesi per andare nei pressi di Bolca al Buso dei Pisaroti per rifare alcune foto da inserire nella mostra che sarà presentata al raduno di Negrar e soprattutto per pulire tuta ed attrezzi dal fangazzo accumulato al Baratro.
Questa grotta è a mio parere una delle più belle dei Lessini: scallops ovunque e morfologie d'erosione veramente spettacolari..
San

S- Team di oggi: Damiano, Gianluca da Forlì, Sandro, Simona, Donato e Lara che ci sta fotografando

lunedì 8 agosto 2011

Grotte del Ponte di Veja

Brutto tempo, nuvole basse, ma la fortuna vuole che noi dobbiamo andare in una grotta asciutta, a bassa quota e con avvicinamento quasi uguale a zero!
Per strada non possiamo evitare di fermarci alla mitica pasticceria di Grezzana: anche oggi c'è il "salutatore" ufficiale del locale, un extracomunitario che staziona sempre all'esterno e saluta tutti quelli che entrano ed escono, sperando nella mancia da parte di qualcuno.
Alla base dell'imponente Ponte di Veja si vede la grata di protezione alla Grotta dell'Orso
Dopo esserci sfondrati dei mini-bignè gratuiti, partiamo per il Ponte di Veja. Alle 9 ci troviamo con Gianfranco Caoduro, bio-speleologo del GASV, che ci aprirà i cancelli delle grotte e ci farà da guida.
Mai come questa volta abbiamo apprezzato così tanto l'accompagnamento di qualcuno; ci ha trasmesso tutta la sua esperienza di biologo facendoci notare e raccontandoci vita morte e miracoli di ogni insettino che trovavamo e che noi non saremmo neanche stati in grado di vedere.
Superato il cancello della Grotta dell'Orso, si passa a fianco al cratere degli scavi fatti negli anni '70 e che hanno restituito ossa dell'orso speleo e numerosi manufatti umani di epoca preistorica.
Dopo un basso passaggio si nota il brusco cambio della temperatura interna. Da qui in poi bisogna stare in silenzio per evitare di disturbare la colonia di pippistrelli. Dopo una curva secca si nota conoide di guano, ma sopra nessun pippo. Gian è stupito, di solito sono sempre qui. Numerosi esemplari morti sono sul pavimento: strano. Ma i pippi ci sono perchè si sente un grande crepitìo e batter d'ali più avanti; ed infatti ecco la colonia dentro una nicchiona a 4m d'altezza, in corrsipondeza della colonna. Che spettacolo!!! Per noi è una grande novità: mai visti così tanti tutti assieme. E' una colonia di riproduzione; osservandoli bene, si notano i piccoli (che ormai sono già grandicelli) tutti "vicini vicini" ed i grandi che gli arrivano sopra per dargli da mangiare. Meraviglia!
Sono troppo lontani per fare foto decenti (con l'attrezzatura che abbiamo), ma le riprese video vengono benissimo.
Ci spostiamo prima fino al fondo del ramo alto, dove si trovano i segni di recenti scavi abusivi, e poi nel ramo basso concrezionato, sempre attorniati dai voli acrobatici dei pippi.
Oltre che sui depositi di guano, anche nelle piccole pozze d'acqua è un brulicare di vita.
Finita la visita ci diamo dentro con il sevizio fotografico dove ho voluto dare risalto alle vaste gallerie con pareti a scallops, impressionante lavoro della tantissima acqua che passava qui dentro nei tempi passati.
Usciti dalla grotta, siamo noi a diventare l'attrazione principale dei turisti in visita al ponte di Veja: tutti ci guardano incuriositi, ma nessuno ha il coraggio di chiederci niente.
Entriamo nella Grotta dell'Acqua: il quasi-sifone iniziale è basso di livello e si entra abbastanza agevolmente. La galleria è di ridotte dimensioni e non presenta morfologie degne di documentazione fotografica. Quello che è interessante, invece, sono le specie d'insetti che vivono qui dentro; alcune rarissime erano state osservate nel 2003 (portando alla chisura della grotta, per la loro tutela); altre, altrettanto rare, abbiamo avuto la fortuna di osservarle direttamente. Il "Serradium semiaquaticum" è una specie di millepiedi anfibio che riesce a stare anche un mese sott'acqua dove trova il suo nutrimento.
Durante l'osservazione di una pozza, Gianfranco trova un esemplare di "Monolistra Berica", eccezionale ritrovamento perchè erano 50 anni che non se ne documentava più la presenza da queste parti!
Rinunciamo volentieri al passaggio del sifone (da farsi distesi nell'acqua e con solo la testa fuori!) e rientriamo al parcheggio dove concludiamo la giornata con un bel pranzo nel ristorante locale.
Ecco anche il video:

Splendida giornata che ci ha permesso di vivere intense emozioni nonostante lo sviluppo modesto delle grotte. Non ha prezzo sentire lo stridìo di migliaia di pippistrelli e camminare nelle gallerie attorniato da sbattere d'ali in ogni direzione. E l'osservazione degli insetti riesce a darti altrettanta emozione solo se si ha la fortuna di essere accompagnati da gente esperta che ti fa apprezzare cose che da soli non saresti neanche in grado di vedere. Grazie Gianfranco!
Il pericolosissimi componenti dell' S-TEAM di oggi: Simona, Lara, Gianfranco, Sandro
Clicca qui per vedere tutte le foto di oggi.

lunedì 1 agosto 2011

Grotta sotto Contrada Volpi

Il tempo che è passato nelle ultime due settimane è stato costantemente variabile con rovesci piovosi, più o meno intensi, ogni giorno. Per la visita della Grotta sotto Contrada Volpi è caldamente consigliato andarci dopo lunghi periodi di siccità per bagnarsi il meno possibile. Noi non potevamo aspettare ed abbiamo deciso di andarci lo stesso!
Appena aperta la botola, abbiamo subito sentito il rumore di una cascata: "ah benòn! se gavèmo acqua quà, figurate più 'vanti!". Si vede che era parecchio che nessuno visitava la grotta: la botola era parzialmente sommesa dalla vegetazione.
Mandiamo avanti Gianluca, che deve fare pratica d'armo in vista del Corso di Perfezionamento Tecnico. Subito canna il primo fraz mettendo un deviatore instabile su uno sperone. San segue e corregge. ;-)
Dopo il sali-scendi fangoso, troviamo il saltino da 4m già armato, ma mettiamo lo stesso la nostra corda (corda unica da 59m da fuori fino a qui).
Meandrino e P15; armiamo verso il basso in direzione di invitanti fix che si riveleranno altamente instabili. Ma li riteniamo accettabili e scendiamo lo stesso. La parte bassa del pozzo è sotto cascata e spigendosi fuori si riesce a non bagnarsi. Non ci riesce la Sara che, con il discensore nuovo di palla che scorre poco, si fa una abbondante doccia. Foto e via verso il temuto basso cunicolo.
 
Secondo pozzo (P15) e la bella cascatella che ci siamo cuccati
Si avanza con ginocchia e mani nell'acqua e qualche volta anche la pancia. Una lama a metà sezione obbliga a strisciarci sopra al limite della praticabilità; ma nessuno aveva mai scritto nulla a riguardo! Poi le dimensioni aumentano ed il meandro diventa più comodo.
 Uno dei tratti più alti del meandro!
Prima saletta
Salette con i capelli d'angelo e poi un altro bel tratto da strisicare ed infilarsi tra le concrezioni con passaggi veramente esigui (anche questo non ce l'aspettavamo) con all'inizio una bella pozza da buttarsi dentro di pancia che aveva fermato Gianluca, timoroso dal dover osare tanto.
La terza saletta è quella più concrezionata di tutte e, oltre un bel blocco di grandi concrezioni si trova il pozzo finale. Intanto che Gianluca arma, noi facciamo qualche foto in sala. Sara e Massi iniziano a lamentare il freddo; siamo parecchio bagnati ed a stare fermi se ne pagano le conseguenze.
Terza saletta
L'ultima discesa avviene in un ambiente straordinariamente bello! Colate gigantesche declinano verso il fondo dove l’acqua, che con noi scendeva in un abbondante cascata, sparisce in fessure impraticabili, mentre drappeggi e vele di dimensioni esagerate pendono da ogni dove.
Il fondo del pozzo terminale
Una corda fissa consente di risalire una di queste colate fino all’ampia sala sommitale con il fondo completamente costituito da colata calcitica. Su di un lato, è un tripudio di stalattiti bianche e ocra con alcune eccentriche veramente curiose. Tanta abbondanza di concrezioni si era vista solo nel Carso. 
Anche Gianluca inizia ad avere parecchio freddo e la voglia di fare foto cala così tanto da indurci a smettere. Mai come questa volta le tute AV a bassa traspirazione, indossate da Sandro e Simona, hanno fatto la differenza: loro stavano benissimo pur essendo fradici. Pazienza, torneremo un'altra volta con meno acqua e renderemo il giusto merito a questo anbiente eccezionale.
Parte alta della sala terminale
Iniziamo la via del ritorno, con la Sara che baruffa con croll e maniglia nuovi di palla ad ogni frazionamento. I dentini lunghi ed appuntiti dei nuovi attrezzi fanno fatica a staccarsi dalla corda durante le manovre; il problema è amplificato poi dalla poca esperienza di corda della Sara, ma quella che basta per togliersi dall'impiccio da sola, anche se con i suoi tempi.
Durante il disarmo del P15, a Gianluca rimane in mano il fix dove ci eravamo ancorati e su cui nutrivamo qualche dubbio! Si è completamente sfilato! Poi ha scoperto che l'armo buono era traversando alti sulla testata del pozzo.
Alle 18 siamo fuori tutti: 8 ore, ma facendo tutto con estremissima calma.
Scopriamo che verso l'una ha piovuto. Avevamo il terrore che questo potesse accadere, ma ha piovuto poco e ci è andata bene. Birrozzo di rito e poi via a casa.
L'S-Team di oggi: Sandro, Gianluca, Sara, Massimiliano, Simona

Covoli di Velo

24 Luglio 2011
Tempo instabile e minaccia di pioggia ci hanno consigliato di evitare la Grotta sotto Contrada Volpi per ripiegare sui più asciutti Covoli di Velo, molto "easy", ma con una fama e frequentazione tale da meritare di essere inclusi anch'essi nella mostra sulle principali grotte della Lessinia che la FSV allestirà al raduno di Negrar (www. speleolessinia.it).
Covolo della Croce, sala iniziale
Una volta varcata la soglia d’ingresso del Covolo della Croce, chiamato anche Tana delle Sponde, ci si trova in un’ampia sala con al centro una conoide di crollo parzialmente cementata dallo stillicidio proveniente dal soffitto. Sul pavimento sono ben visibili ampie zone di guano posizionate sotto i punti preferiti dai pipistrelli che vivono all’interno e che vengono qui a svernare. Dalla parte opposta della conoide, nel punto più basso, si nota un arrivo d’acqua: è la via attiva che, volendo, potrà essere percorsa al ritorno. Un po’ più in alto, sulla sinistra, si trova la galleria che porta nelle zone interne della grotta. Inizialmente è abbastanza stretta e costringe in alcuni punti a strisciare; poi si allarga e si passa un bel tratto abbondantemente concrezionato.
Si passa a fianco di un pozzo di 2-3 metri sul cui fondo scorre un ruscello: seguendolo si ritorna al salone iniziale passando per una galleria non tanto comoda, ma carina.
Proseguendo, dopo una curva a sinistra si giunge alla Sala del Bivio dove e sinistra si stacca il poco evidente ramo che conduce alla Sala Sabbie. E’ uno stretto ramo dalle pareti bianche lavorate dall’acqua che in passato qui scorreva copiosa. Lo si riconosce perché sul soffitto si vede il nero lasciato dalle lampade a carburo. Alcuni passaggi “ginnici” consentono di arrivare ad una sala con il fondo completamente pieno di sabbia. Un rametto a destra chiude dopo poche decine di metri, mentre strisciando sulla sinistra si entra nella Sala Scritte dove ha termine il ramo.
Ritornati sui propri passi, dalla Sala del Bivio si continua fino alla Sala Terminale passando per un paio di tratti dove bisogna strisciare. Grotta un po’ fangosa, ma nel complesso piacevole e varia.
Covolo della Croce,uno dei numerosi tratti da strisciare
Il primo dei Covoli di Velo che s’incontra, sopra la pineta, è quello con maggiore sviluppo. A sinistra si trova l’ingresso chiuso da una grata del covolo dove sono stati effettuati i ritrovamenti delle ossa di orso delle caverne. Più a destra ci sono i tre ingressi del covolo superiore che convergono tutti in un’ampia galleria dalle belle pareti bianche ed il pavimento costituito da argilla compatta.
Le ampie gallerie iniziali dei Covoli di Velo
Essa va restringendosi in un bel tubo quasi circolare per poi diramarsi in condotte più piccole parallele che poi convergono in piccole salette. Per arrivare alla sala terminale bisogna tenere la sinistra e strisciare per alcuni metri; giunti in sala, blocchi di frana ricoperti da guano di pipistrelli salgono fino a chiudere.
Tornati al sentiero si prosegue per risalire alla visita del piccolo covolo successivo. Oltre, di fronte ad una panca in pietra, sbuca l’ultimo cunicolo percorso da un rivolo d’acqua che dopo una ventina di metri chiude in fessure impraticabili.
Continuando per il sentiero che scende ripidamente nel bosco è possibile arrivare all’ingresso del tunnel Taioli
S-Team quasi al completo oggi, mancavano solo i "ciosoti": 
Gianluca Simona, Massimiliano, Sara, Lara, Alberto, Donato, Sandro

venerdì 15 luglio 2011

Abisso del Vajo dei Modi

E con questa possiamo dire di aver fatto tutte le più "famose" grotte della Lessinia.
Cavità altamente spettacolare che deve la sua bellezza alla grande varietà di ambienti e morfologie che ospita al suo interno. Unica poi l'occasione di vedere dall'inteno della montagna il passaggio tra tre stratificazioni rocciose: biancone, scaglia rossa e calcari oolitici.
Impressionante vedere la macchietta scura dell'ingresso, circondata dal verde sgargiante dei pascoli tutt'attorno, in fondo al vajo. Da qui ti rendi conto dove va a finire tutta l'acqua quando piove: nel buso! Ecco perchè bisogna entrare solo con tempo stabile e sicuro.
Dopo 20 min. di avvicinamento in discesa (che diventano 45 al ritorno!!!) siamo alla recinzione dell'ingresso.
Crisi scagatoria del San (nel senso che mi scappava e non ce la facevo più a tenerla!) che per poco, dalla fretta, non si siede sopra un cespuglio di ortiche!
10 minuti per trovare il fittone di attacco della corda: solo rileggendo parola per parola le indicazioni di Giorgio Annichini lo abbiamo trovato seminascosto dall'erba.
Dopo il pozzetto esterno e lo scivolo inclinato, inizia la sequenza dei tre pozzi nel biancone. Scariche di sassi, che partivano solo a guardarli, ci hanno imposto molta attenzione e rallentato; lo stesso sarà per il ritorno. Il secondo pozzo è strepitoso per la sua circolarità.
Secondo pozzo
Segue la fessura di attacco del terzo pozzo che, se presa correttamente e con la giusta calma, non è poi così ostica.
Bellissimo il tratto del passaggio nello strato di scaglia rossa; il colore delle rocce cambia improvvisamente ed il meandro che si percorre è una diaclasi stretta che nella parte terminale costringe a strisciare (porcheggiando perchè tutto s'incastra nelle rocce sporgenti) per 5-6m prima della salettina che anticipa il P50.
Passaggio nella scaglia rossa
Il pozzone è a tiro unico e dopo pochi metri dall'attacco consente di ammirare il passaggio dalla scaglia rossa ai calcari oolitici.
Meandrino, P12 e poi quello che non ti aspetti: una saletta esageratamente concrezionata! Solo in questo punto della grotta: incredibile.
 Partenza ed arrivo del P25
Scendiamo i frazionamenti del P25, lo sfondamento ed il pozzo finale. La sala terminale è ampia e piatta; il fondo di detriti (prevalentemente di biancone portati fin qui dalle piene) è sormontato da un altissimo camino (140m!).
Il camino che sormonta la sala del fondo
Ritorniamo sui nostri passi con ritmo blando e facendo foto.
Solo uscendo ci acorgiamo del temuto e puzzolente cagatoio delle marmotte! Si sono scavate una galleria che sbuca nei primi metri della grotta e lì vanno a fare i loro bisogni alla faccia degli speleo.
San
Tutte le foto fatte le trovi cliccando qui.

martedì 5 luglio 2011

Buso del Vallon

Giornata limpida e soleggiata: l'ideale per camminare serenamente tra i pascoli della Lessinia ed affrontare il "sotano" del Buso del Vallon. Dopo tre quarti d'ora di avvicinamento da Malga San Giorgio, carichi come mussi di corde, attrezzatura ed abbigliamento, arriviamo al bordo della grande voragine.
La cengia d'accesso al punto di calata ci lascia un po' perplessi a causa della sua espostezza, accentuata dalla presenza di ughi e vegetazione che obbligano ad avanzare esposti sul bordo della voragine. Armiamo un corrimano per restare sereni.
 Inizio l'armo dopo un po'   ..... ma dove divolo sono spit e fix? Viva gli orbi! Erano sotto il naso e non riusivamo a vederli. Butto la prima calata fino al primo fraz.; risalgo e preparo anche la seconda armando in parallelo anche l'ultimo frazionamento. Spit vecchi ed il bullone faticava non poco ad entrare (ho dovuto stringerne un paio fino alla morte!). Dopo accurata pulizia dei sassi dalle cengette, atterro sul nevaio, accompagnato dalla Lara e ci spostiamo dalla verticale: "LIBERAAAAAA".
Il cumulo nevoso discende abbastanza ripidamente per circa una ventina di metri di dislivello; sul fondo diventa ghiaccio vivo e noi, sprovvisti di ramponi, non siamo nenache riusciti ad andare a vedere la spaccatura che si è formata vicino alla parete e che sembrava scendere. Consiglierei gli speleo veronesi di andare a vedere opportunamente attrezzati: non si sa mai che il disgelo abbia aperto una nuova via!
L'ambiente è veramente suggestivo: ghiaccio, roccia, luce, il tutto con sottofondo musicale fatto dai gracchi che, con incredibili acrobazie, scendono ai nidi sulle cenge interne per dare da mangiare ai loro piccoli che reclamano a gran voce.
Scende Sara, alla sua seconda grotta verticale assoluta; la giusta dose di titubanza-paura-scaga, ma scende senza problemi. Gianluca risale con l'imbrago per la Francesca che scende assieme a Massimiliano. Per lei è la prima grotta verticale e, visto l'impressionante baratro che si accinge ad affrontare, se fa questo può andare dappertutto! La dose di titubanza-paura-scaga è elevata all'ennesima potenza; c'è pure un mix di terrore, ma, con velocità di poco superiore a quella di una lumaca, riesce a toccare il nevaio.
Visto dal fondo, il Buso è belissimo e ricorda un mix tra le grotte Sciason e Tanzerloch dell'Altopiano di Asiago. Anche se finisce subito, essa rappresenta un fenomeno unico per le cavità della Lessinia e la visita risulta veramente piacevole, anche per il contesto in cui si trova.
Iniziamo a risalire ed io approfitto per scattare anche dall'alto, appeso sul frazionamento. La Francesca non ce li ha fatti sentire, ma chissà quanti "porki" ha tirato sia contro se stessa (ma chi me l'ha fatto fare) che contro di noi (che glielo abbiamo fatto fare!). All'incredibile velocità stimata di 0,7 m/min arriva a mettere piede al sicuro sulla cengia tra una raffica di pacche sul casco e felicitazioni da parte di tutti: brava!
Nel frattempo serie di foto dall'esterno e servizio di cicerone per tutti gli escursionisti incuriositi che passavano nelle vicinanze.
San
Tutte le foto le trovi cliccando qui.

Il PhotoTeam di oggi: (davanti da sx) Sandro, Massimiliano, Sara, Lara
(dietro da sx) Gianluca, Francesca, Simona

lunedì 27 giugno 2011

Spluga della Preta

Finalmente in Preta!
Per Sandro e Damiano erano passati ben 6 anni dall'ultima volta che c'eravamo stati: stavano girando il film l'Abisso e noi abbiamo avuto la fortuna di risalire il P131 tirati su tramite il "ragno"! Tempo di risalita 1 min e 30" : un'esperienza indimenticabile! Però c'era rimasto il cruccio di non essere risaliti con le nostre gambe ....
Ci torniamo con l'intento di fare un po' di foto nuove per la mostra che la FSV allestirà al raduno nazionale di Negrar ed io voglio tentare dove nessuno ha mai osato: fotografare il P131 dall'alto!
Ci accompagna l'amico Giorgio Annichini del G.A.M.
Donato si presenta lamentando un gran dolore alla schena: è da due giorni che è inchiodato ed ha deciso di rinunciare a scendere. Saliti con le macchine alla malga, ci prepariamo tutti; Donato dice "beh, dai, visto che sono qui, almeno scendo fino all'imbocco e me lo guardo dall'alto...".
Partono Alberto e la Simona e mi aspettano appena sotto il frazionamento nel vuoto. Donato è tesissimo, così tanto che gli è passato completamentente il mal di schiena! Potenza dell'adrenalina. Lo lascio ad aspettare dentro la dolina, sul primo frazionamento, mentre io arrivo sul bordo e comincio a piazzare cavalletto e macchina fotografica a picco sui 110m sottostanti!
Fotografia difficilissima: posizione precaria e poco comoda, troppa luce dall'esterno, fondo del pozzo semi-buio e fosco; anche con tempi lunghi, non riesco a vederlo bene. Pensavo di ottenere qualcosa di meglio; comunque ecco il risultato:
Faccio arrivare al frazionamento anche Donato (che nel frattempo si è tranquillizzato ed ha deciso di scendere fino in fondo) e FINALMENTE qualcuno che mi fa una foto anche a me! A questa, poi, ci tengo particolarmente.
I primi metri si fa una fatica boia a scendere perchè bisogna alzare la corda pesantissima per farla scorrere nel discensore, ma TE LA GODI TUTTA!
Arrivati sul fondo, restiamo estasiati da tanta bellezza. Non resisto, DEVO fotografare!
Piazzo Alberto con la profondità dentro la "canna di fucile" ed aspetto che scendano gli altri per "fare presenza" nella parte medio bassa del pozzo. Provo varie combinazioni di tempi, ma la più spettacolare è quella sovraesposta.
Lasciati Donato ed Alberto (che torneranno fuori poco dopo), io Damiano e Simona raggiungiamo Giorgio alla base del 108, che nel frattempo ha cambiato la corda vecchia e rovinata. Assieme scendiamo diretti fino a Sala Cargnel dove decidiamo di fermarci per fare dietro-front.
Il P88 è molto bello e levigato; la parte bassa riusciamo a riprenderla bene, mentre in quella alta ho dovuto rinunciare a causa dello stillicidio eccessivo che mi bagnava l'obbiettivo.
Il P108 è impossibile da fotografare tutto perchè circa a metà s'impenna verticalmente ed esce dalla visuale che si ha dal fondo.
Sulla sua sommità incontriamo i compagni gruppo di Giorgio che stanno effettuando una risalita esplorativa.
Arrivo alla base del 131 e mi godo i compagni che lo risalgono: questo pozzo è troooppo bello! Figuriamoci se non faccio qualche scatto: inquadrature "classiche", ma volevo rifare alcune mie foto vecchie.
E' il nostro turno: finalmente me lo risalirò con le mie forze ed avrò tutto il tempo di guardarmelo e godermelo per bene. Dopo 35 minuti siamo fuori, giusto in tempo per goderci il sole che tramonta dietro alla catena del Baldo.
Sandro
Il PhotoTeam di oggi: Damiano Sfriso, Sandro Sedran, Simona Tuzzato, Giorgio Annichini
e Alberto Rossetto, Donato Bordignon