domenica 26 marzo 2017

Profumo di grotta e ginepro (Jezerina, Ponikve v Jezerini, Polina Pec)

Le “sloveniate” in compagnia degli amici dell’S-Team sono sempre una sicurezza, come sono pure un attentato alla silhouette speleologica.
Lo scopo di questo weekend è stato visionare grotte facili ed orizzontali in vista della gita che organizzeremo a settembre per il CAI di Dolo.


Dopo le fatiche della Golokratna Jama (che per me si è rivelata una gran prova di “coraggio” visti i miei ben noti problemi con le altezze), un bel week-end di relax.
Il percorso all’insegna delle grotte slovene ci porta nel delizioso paesino di Obrov, incastonato nel paesaggio carsico.
Percorrendo una strada in mezzo al bosco che sembrava portare alla fine del mondo o in bocca a qualche orso, alloggeremo presso il nuovissimo B&B “Dobra Hiša Zdravja Čičarija" a Golac. Colazioni abbondantissime e una cortesia impeccabile (a fine soggiorno ci hanno donato un sacco di croccanti mele!)
Ultimamente era stato notato un deficit di presenza di donne nelle uscite dell’S-Team ma, finalmente, la componente femminile torna a farsi sentire prepotente: siamo io, Lara, Laura, Simona, affiancate da Luca Dalle Tezze del Gruppo Grotte Valdagno, Donato, Giorgio e Sandro.
Quattro e quattro che fa otto. Più due, visto che domenica si aggiungeranno Filippo e Stefano.
L’obiettivo della giornata è visitare due grotte orizzontali: la Jezerina e Ponikve V Jezerini. Distano l’una dall’altra poco meno di 1 km, una passeggiata di un quarto d’ora in mezzo ai pascoli.

Con le macchine seguiamo una sinuosa stradina, che scende di dislivello molto dolcemente, raggiungendo il parcheggio per la grotta, all’altezza del bivio che porta a quello che sembra un vecchio allevamento industriale in rovina.
Scendiamo dalle auto e cominciamo a prepararci. Per questo fine settimana niente attrezzi, personalmente l’unico vezzo sarà di usare l’imbrago per tenere su i pantaloni.
Sandro tira fuori il GPS e ci aggiorna: siamo a circa 150 metri dall’ingresso della Jezerina, con un dislivello di 50 metri. A destra, pianeggianti pascoli. A sinistra, una ripida salita. Eh, ci tocca la salita, che affrontiamo tra le chiacchiere e l’entusiasmo. Fortunatamente, non ho indossato la parte alta della tuta, la mattinata si sta scaldando velocemente, che sudata!
Intercettata la grotta, approfittiamo di un provvidenziale albero per legare una corda di sicurezza da usare come corrimano e scendere il primo gradone. Qui troviamo una salamandra ad aspettarci, a turno le dedichiamo un po’ della nostra attenzione, oltre che il nostro rispetto, anche se risulta inevitabile disturbarla. Infatti se ne va poco, infastidita da queste buffe persone che la guardano curiosa, nascondendosi tra le foglie.


Noi continuiamo a girovagare. Ci infiliamo nel primo cavernone alla nostra sinistra, che ci colpisce per la grandezza. Luca trova pure una falange di orso. Se quella era la falange, figuriamo il resto!
Il clima è proprio rilassato, ma appena Sandro tira fuori la macchina fotografica, ci mettiamo tutti ai nostri posti. Fa qualche scatto, la sala è proprio interessante, ha un accesso principale e una finestra ovale poco più in alto, che bel gioco di luci naturali!
Finita la prima sessione, ci guardiamo un po’ intorno alla ricerca di una prosecuzione.. Ma qui non ci sono altri passaggi, non ci resta che tentare nella seconda imboccatura che avevamo intravisto scendendo dal gradone.


E avevamo visto giusto! Ci ritroviamo così nella grotta, che ci sorprende già dalla prima sala per quanto è concrezionata. Ci aspettavamo qualcosa di più mediocre, invece siamo tutti sbalorditi!
Risulta comodo tenere il faro a portata di mano, ci sono diverse prospettive che meritano di essere fotografate, è un lavoro continuo!
Troviamo divertente fare già la prima foto di gruppo su un’imponete colonna spezzata ma non crollata perché appoggiata alle pareti della grotta.
Proseguiamo il nostro cammino, che è come un budello: a volte a strisciare brevemente, altre volte si fa comodo, e si districa tra colate, scivoli e stalattiti. Mai difficile, sembra proprio di passeggiare in grotta.


Arriviamo brevemente alla sala finale (dove troviamo le tracce di recenti esplorazioni) che si conclude con una parete che segna il passaggio di antichi speleologi: sono incisi nomi, date, alcune risalenti ai primi del Novecento. Un vero museo di storia.
Sopra le nostre teste penzolano dei sonnecchianti miniotteri. A noi non resta che completare la documentazione fotografica e mangiucchiare qualcosa tra uno scatto e l’altro.
Usciamo di grotta dopo 3 ore, ed è una giornata splendida. Verrebbe voglia di sdraiarsi sul prato a prendere il sole, anche a costo di impanarsi di zecche.


Scendiamo verso le macchine ma proseguiamo oltre, verso la Ponikve V Jezerini. Non serve nemmeno cambiarsi, è a pochi passi.
La primavera ci circonda, tutto intorno crochi viola, alcuni rapaci non ben identificati ci osservano dagli alberi sbattendo le ali nervosamente.
Questo inghiottitoio era già stato visitato a fine gennaio da un manipolo dell’S-Team, che ha avuto la possibilità di ammirarne le sculture naturali di ghiaccio. A noi non resta che un po’ di granita all’ingresso. Oggi dobbiamo visitare più possibile le parti orizzontali per valutare se portare la gita CAI o meno.
L’inghiottitoio si raggiunge percorrendo il letto di un fiume ora in secca, che raccoglie le acque delle piene. Ovunque rami e tronchi, trascinati dall’acqua.
Scese le prime comode staffe, troviamo già la testimonianza della potenza dell’acqua, in quanto sopra le nostre teste, a diversi metri di altezza, ci sono molti rami piantonati saldamente tra le pareti. Questo lascia a presagire che in caso di pioggia è bene essere fuori da quell’inghiottitoio!
Il percorso della grotta ci costringe a gattonare un po’ ma poi si allarga in un bel tubone. Il lavoro dell’acqua è impressionate, cucchiaiata a cucchiaiata (scallops) le pareti sono state levigate, e risplendono lucide ai nostri occhi.


Non è esattamente una grotta accogliente. E’ stata sì sapientemente messa in sicurezza (ci sono staffe e corde che aiutano a superare i passaggi chiave) ma bisogna scavalcare molti tronchi, e la parte iniziale è sorprendentemente fredda!
Ad un certo punto strettoia. Giorgio si stende e comincia a muoversi lentamente come un bruco. “La catena, Bianca, la catena è a destra!”. Cosa vorrà mai dire. Quando arriva il mio turno, capisco: si striscia in questo ripido passaggio sopra una distesa di ciottoli e sabbia, la catena aiuta un bel po’ ad avanzare altrimenti sarebbe come nuotare in una mare di ghiaia, rimanendo fermi. Ne esco “scalmanada”!
Continuiamo la nostra esplorazione: il rilievo in nostro possesso è relativo alla sola parte vecchia e naturalmente è stato dimenticato in macchina! Ci sono alcuni passaggi di arrampicata che si superano agilmente grazie alle staffe finché non arriviamo ad un piccolo laghetto sifone che si aggira facilmente infilandosi per una fessura scavata che ci porta all’ultima parte della grotta.
Scendiamo degli scivoli naturali (chi di sedere, chi usando la comoda corda corrimano) schiamazzando come dei bambini. Naturalmente la tuta sta diventando sempre più marrone, c’è fango un po’ dappertutto, è inevitabile non sporcarsi.
Arriviamo ad un secondo laghetto e, visto che la presenza del fango diventa sempre più considerevole, decidiamo di mandare Sandro e Simona in avanscoperta: ramo fangosisissimo e poi chiude su sifone. Torniamo al laghetto per guardare un rametto discendente. Luca e Sandro si infilano e spariscono per un po'. Tornano sudati ed ansimanti, ma tutti concitati dall’aver individuato una bella zona freatica che continua chissà quanto. Io Laura spettegoliamo un po’, mentre anche Giorgio esplora la zona intorno. Raggiunte dai “segugi da grotta”, ci affrettiamo a raggiungere Donato, Lara e Simona che ci stavano aspettando lì vicino.
Perlustriamo un po’ in giro, ma la nostra curiosità è sazia, quindi non ci resta che uscire. Affrontiamo il passaggio della ghiaia ridendo come matti, questa volta agevolati da tutti questi sassetti che ci sputano fuori dalla strettoia in un battibaleno. Ed è una vera goduria, il sole è ancora alto e si sta di un bene..
Ed un pensiero: Birra ! Birra ! Ormai è ora dello spuntino!

 Clicca qui per vedere tutte le foto del Ponikve v Jezerini 

Dopo esserci rimessi gli abiti civili, ci rimettiamo in macchina: lungo la strada per il B&B vediamo alcuni tavolini con degli anziani seduti fuori, che sia una locanda? Una casa di riposo?
Sì! L’ Agriturismo Cepčovih (http://www.golac.si/index.html) ci conquista non solo con la già nota e amata birra Lasko, ma anche con uno strepitoso tagliere a base di salumi, formaggi e porcini freschi, con una salsina all’aglio che non so cosa ve lo sto a dire! Da leccarsi i baffi!
Tant’è che promettiamo di tornare all’indomani, visto che la cucina è aperta dalle 10 alle 22! Ciliegina sulla torta, una pluri-premiata grappa al ginepro da bruciare i peli del naso e liquore al Terrano a garganella!
Finito di ristorarci, raggiungiamo il B&B, doccia per tutti e .. di nuovo a mangiare! La cena soddisfa tutti (già sazi dell’aperitivo) e agevoliamo la digestione con qualche partita a calcio balilla, senza competizione e urla, come tutte le partite a calcetto ;-)
Per stasera, a letto presto! Il cambio dell’ora legale ci priverà di un’ora di sonno e domenica mattina ci raggiungeranno Filippo e Stefano, non vogliamo di certo accoglierli in pigiama!

All’indomani, dopo un’abbondantissima colazione e aver salutato i due nuovi arrivati, partiamo alla ricerca della Polina Pec. Anche qui, comodo parcheggio e avvicinamento assolutamente non impegnativo.  (Se non si fosse capito, siamo alla ricerca di un itinerario per un avvicinamento alla speleologia).
Individuiamo la nostra meta facilmente, il sentiero è ben segnato nell’erba alta, e si trova alla base di una collinetta. È una fessura bassa e lunga, ma appena ci infiliamo dentro le nostre voci riecheggiano fortemente: praticamente, la nostra collinetta altro non è che una grande cupola ipogea!
Anche qui non ci preoccupa non aver a disposizione il rilievo: già solo la prima sala dà moltissimo lavoro a Sandro, e noi con i fari alla mano ci inerpichiamo su e giù per i massi per dare il giusto abito a questa grotta meravigliosa. Noi prendiamo le misure, Sandro cuce sapiente luci e ombre (e paziente perché ci distraiamo facilmente oltre che a far baccano).



Troviamo quasi subito la seconda sala, unita da un corridoio alla prima. Anche qui è tutto un “ooh”, ci sono delle piccole vaschette merlate e dei lampadari di roccia. Troviamo anche quelle che sembrano delle pisoliti, un po’ irregolari, ma altrettanto affascinanti. Ci sono in giro anche numerose cacche, speriamo che il tasso sia uscito nel frattempo..
Intanto, Luca, studiando la morfologia della grotta ed ipotizzando una “teoria del tetto”, dice che sicuramente deve continuare da qualche parte. Ed infatti Filippo, infilandosi tra i massi di frana, la trova! Molti di noi ormai erano rassegnati (stavamo persino ipotizzando di uscire), ci eravamo infilati dappertutto senza esito positivo. Ci infiliamo in un ramo super fangoso, ricco di concrezioni e vele e che ribattezziamo “Ramo della puzza” perché, affrontandolo, sia io che altri abbiamo avuto la sensibilità leggermente urtata dall’esalazione gassosa di qualcuno, di cui non faremo ASSOLUTAMENTE il nome, ma pubblichiamo volentieri un'eloquente fotografia:


Anche qui tanti simpatici miniotteri, che mi assicuro il più possibile non vengano disturbati dalle nostre luci, brontolando e sgridando i miei compagni. Anche se ormai è la fase del risveglio, scoccerebbe anche a me essere svegliata prima del dovuto la domenica mattina.
Facciamo molte foto, non mi preoccupo nemmeno di rimettere il faro in sacca, lo tengo appeso al collo come se fosse la fiaschetta di un cane San Bernardo. Ma la grotta finisce là, ci sono un paio di punti che si potrebbero esplorare, ma decidiamo di uscire, abbiamo materiale a sufficienza, siamo più che soddisfatti.



Per concludere, non ci rimane che andare alla ricerca dell’ingresso della Strašna Jama (che ha un nome in italiano che è tutto un programma: “Grotta terribile”). Un bel pozzone a cielo aperto con pareti impervie circondato da alberelli. Dato il mio noto disagio ad affrontare questo tipo di pozzi, mi sovviene il dubbio che il capobranco dell’S-Team stia tentando di lanciarmi dei segnali… MA sappiate, non demordo ;)
Per raggiungere la spelonca percorriamo in macchina circa 20 minuti di strada bianca, un po’ sconnessa e non adatta a veicoli con l’asse ribassato. Troviamo uno spiazzo e appena il GPS ci indica una decente vicinanza, parcheggiamo e cominciamo a passeggiare spensierati. Ovunque tracce di cinghiali, meglio comunque stare all’erta.. Ogni tanto facciamo una sosta a verificare la presenza di qualche buco, ma niente di rilevante. Camminiamo circa un quarto d’ora quando finalmente si innalza l’atteso grido JAMA! Missione compiuta!


Giriamo i tacchi e manteniamo fede alla promessa (sacrosanta) fatta agli amici dell’Agriturismo Cepčovih: è ora di andare a mangiare e bere!
Più che satolli, tentiamo una passeggiata del piccolo centro cittadino, ma l’aria fredda ci fa desistere. Niente. E’ tempo ormai di risalire in macchina e rientrare a casa. Questa breve incursione in Slovenia ha dato i suoi frutti, e ha rinfrancato gli animi. Amo sempre di più questa terra, i suoi abitanti un po’ ruvidi ma sempre ospitali. Torno a casa, certo, ma non è finita qui!

Bianca Trevisan



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