mercoledì 4 gennaio 2017

Traversata Pisatela Alta – Pisatela Bassa

A fare colazione mercoledì mattina eravamo un bel battaglione: io, Alberto, Daniele, Filippo, Gianluca, Giorgio, Lara, Sandro, Stefano. Ordiniamo le nostre brioche, cappuccino e facciamo un po’ il punto del programma della giornata, che prevede la famosa traversata della Pisatela, con partenza dall’ingresso “alto” e uscita per l’ingresso “classico”, con documentazione fotografica in zona Megan Gale e Ramo della Cascata.


Ramo della Cascata a valle della Strettoia del Picco



Parcheggiata l’auto al solito parcheggio utilizzato per i giri in Pisatela, affrontiamo un sentiero di avvicinamento che ci vede impegnati per una quarantina di minuti a fare una ripida salita e una leggera discesa e, di nuovo, una ripida salita seguita da una leggera discesa, incrociando una baita (che ci annotiamo come futuro punto di grigliata) e, finalmente, giungendo alla botola che protegge da incauti visitatori l’ingresso alto della Pisatela (la grotta è riservata a soli esperti speleologi dotati di opportuna attrezzatura).
Sandro e Daniele procedono per primi: il pozzo “Pater Noster” per l’occasione viene armato in doppia per permettere di seguire chi è alle prese con le prime grotte verticali. Così procediamo in coppia. Io e Lara siamo le penultime, ci segue come chiudi-gruppo Alberto.
Giunto il mio turno, mi infilo nel cunicolo che mi saluta con un caldo alito d’aria, e via alla scoperta! Mi sposto con attenzione, ci è stato indicato di procedere con cautela causa il pericolo di scarico materiale, ma per ora mi muovo sopra uno strato di fogliame. Allongiata per bene, arrivo alla partenza di un breve frazionamento. Metto in chiave, e quando la sciolgo comincio a scendere quel tanto da poter finalmente intravedere questo tubone di 50 metri . Impressionante. Largo all’incirca 3 metri, scampana quel che basta e sotto di me intravedo la luce di Filippo…
Ok. Vedo anche un deviatore e qualche metro più in là le due partenze. Mi metto in chiave, mi puntello sulla roccia con i piedi e cerco di raggiungere la mia partenza, che ovviamente è quella più a sinistra e più lontana. Ma ci arrivo facilmente, gli armi sono ben fatti, mi ci allongio il prima possibile anche per mettermi fuori dalla portata di eventuali scariche detritiche, cambio corda, e avverto Lara che mi può raggiungere. Lo fa velocemente (le Donne!), sciogliamo la chiave insieme e cominciamo a scendere. Le nostre luci illuminano questo fantastico pozzo, che emozione (oltre ad un po’ di iperventilazione). Qua ci voglio tornare, assolutamente!
Quando arriviamo alla base del pozzo, troviamo Filippo e Stefano ad aspettarci. Facciamo giusto in tempo a fare chiacchiera un po’ che, toh, ecco Alberto.
Bene. Ci aspetta un ramo pieno di godimento, si entra tutti insieme in Megan Gale, d’altronde la speleologia è un’attività di gruppo.
Questo stretto e faticoso budello è fatto di bassi passaggi dove bisogna procedere strisciando e di strette ma alte fessure. Si presenta più asciutto del solito (stando ai racconti di chi lo ha già affrontato) e ci porta alla Sala Monte Faedo, un ampio salone di crollo dove Sandro scatta le prime foto.


Ramo della Cascata appena a valle della sala Monte Faedo

Un pipistrello sopra le nostre teste è tutto racchiuso nel suo bozzolo alare e cerchiamo al meglio di non disturbarlo con le luci.
Ogni tanto sentiamo Sandro che con i comandi vocali fa attivare la GoPro con la quale sta realizzando dei filmati. Peccato che all’ordine “GoPro, birra da mezzo” non accada nulla.
Quando riprendiamo il nostro viaggio, scopriamo con piacere che dovremmo affrontare la Strettoia del Picco, che si rivela comunque molto più comoda e ampia del Megan Gale, ve lo assicuro. Anche qui facciamo qualche foto. In una più che fungere da “modello” vengo usata come una spugna per assorbire tutta l’acqua di una pozza, così che quelli che sono dietro di me non di debbano bagnare.


Lungo il Ramo della Cascata non mancano i tratti bassi da strisciare

Troviamo delle zone altamente concrezionate (la Pisatela non delude mai!), e comunque scopro come questa grotta sia di “facile” lettura: le sue pagine sono piene di storia, di acqua che scorre e che lavora la roccia, è fatta di fratture e crolli, di stillicidi che proseguo incessanti da chissà quanti anni. E’ un racconto avventuroso e pieno di colpi di scena! Vediamo uno strato di roccia sopra le nostre teste leggermente crepato, ci auguriamo di non essere là quando, inevitabilmente, crollerà.

Lara che sbuca nella saletta prima della partenza del ramo Megan Gale

   
L'incredibile disco situato in un angolino che si nota poco lungo il Ramo della Cascata

A circa metà del Ramo della Cascata ci dividiamo: io, Alberto, Lara, Giorgio e Stefano procediamo, gli altri fanno una pausa per fare qualche altro scatto. Non ha senso rimanere tutti fermi a raffreddarsi, ritrovo in Salone Tira Bora per la foto di gruppo (faccina sorridente).
Arriviamo alla Cascata seguendo il percorso dell’acqua, naturale indicatore del sentiero da seguire. Superiamo il breve tratto attrezzato con corda, e siamo arrivati. Quando l’ultimo di noi sta affrontando la Cascata, ci raggiungono gli altri, così da fare l’ingresso tutti insieme al Tira Bora.
Ogni volta è uno spasso cercare un tema per la foto di gruppo, una vera tradizione per l’S-Team che strappa sempre una risata a tutti. Nemmeno questa volta abbiamo peccato di inventiva!


S-Team di oggi, da sinistra: 
Giorgio, Alberto, Gianluca, Filippo, Bianca, Lara, Daniele, Stefano, Sandro

Visto che abbiamo raggiunto l’obiettivo della giornata, ovvero fotografare e documentare la zona tra il Megan Gale e il Ramo della Cascata, non ci resta che uscire di buon passo. Non faremo altre soste, ci andremo a fare il bagnetto nello Stargate e ad affrontare i pozzetti finali senza indugi. Comunque già la traversata di per sé è un impegno fisico non trascurabile né per me (che ad esempio vengo da altrettanti impegnativi pranzi/cene natalizi), né per chi è da poco che fa speleologia. Inoltre tutti abbiamo voglia di andarci a pappare la bruschetta del Bar da Carlo a Faedo.
L’uscita poi è letteralmente “agghiacciante”. Quando si dice che le grotte sono vive, respirano… se all’ingresso ero cullata da una tiepida corrente d’aria, uscendo avverto l’ingresso di aria gelida, che mi congela le mani. Cerco di pensare che da là alla prossima mezzora sarei stata vestita con abiti ben più asciutti e caldi.
Ma quando metto fuori la testa dalla grotta, rimango sbalordita, non dall’oscurità che mi circonda (in Pisatela non è che ci fosse molta luce) ma dalla luna sopra la mia testa che rischiara tutto intorno. Mille ombre si muovo al buio come fantasmi, forse solo foglie mosse dal vento, o forse antiche memorie che ancora percorrono la nostra terra con passi lunghi e silenziosi. Ma è tutto calmo e placido, con rispetto affronto il sentiero che mi porta alle macchine.
Quando arrivo all’auto, sparpaglio i vestiti asciutti per averli il più possibile a portata di mano, mi cambio in tempo record e appallottolo la mia tuta e l’attrezzatura alla meno peggio dentro lo zaino. BRRRRR! Temperatura -5°C !!! Le tute fradice ghiacciano all'istante non appena le togliamo.
Quando siamo tutti pronti e anche l’ultimo è cambiato, partiamo in direzione bruschetteria a Faedo, dove ci aspetta una bollente stufa, una fresca birra e una saporita bruschetta.




E’ stata un’uscita strepitosa, che mi ha dato una bella “botta di vita” (specialmente le basse temperature esterne).
Ma andare in grotta è questo, sacrificio, resistenza, capacità di adattarsi, di socializzare, di sforzi, di apertura mentale e voglia di mettersi alla prova. E, soprattutto, divertirsi.

Bianca Trevisan

Le altre foto di Giorgio Zanutto:

 Camminata verso l'ingresso alto
 Giorgio ed Alberto
  Camminata verso l'ingresso alto
 Apertura della botola dell'ingresso alto - Bianca in attesa di entrare




1 commento:

  1. Per l'appassionato (o l' "incantato") del mondo ipogeo, la sensazione all'uscita dalla grotta è come quella del pesce fuori dall'acqua.
    Confucio (forse....)

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