domenica 29 gennaio 2017

Mitjina Jama


Una grotta che racconta tante storie sulla sua evoluzione e rappresenta un esempio da manuale sul carsismo. Grandi quantità d’acqua che hanno scavato gallerie grandiose che poi si sono riempite di sedimenti e sono state successivamente ricoperte dalle concrezioni isolando intere sezioni di grotta, ricollegate dalla tenacia degli esploratori.


Secondo giorno in Slovenia, meta: Mitjina Jama. Il gruppo si è rinfoltito la sera prima e siamo tutti pronti per quello che sarà il "main event" del fine settimana.
Il mio stato di salute è peggiorato durante la notte, e mi sveglio probabilmente febbricitante e completamente senza voce, al punto da scatenare l'ilarità collettiva al mio tentativo di salutare con un "buongiorno".
Colazione abbondante e si parte. Arriviamo al parcheggio e cerchiamo di cambiarci il più velocemente possibile visto il freddo, preferibilmente in qualche spiazzo scaldato da un misero raggio di sole mattutino; il termometro segna -9°C!
Ci avviamo all'ingresso della grotta, avvicinamento cortissimo ma ripido, con ghiaccio in terra. L'ingresso è protetto da una grata, ma il buon Claudio ci ha fatto trovare la porta aperta. Per entrare bisogna strisciare in discesa lungo una strettoia, con roccia freddissima, superare un saltino di 2 metri attrezzato con corda e staffe, per arrivare poi nella sala iniziale che fa da crocevia tra il ramo principale e quello basso.
La sala è molto grande con qualche pipistrello appeso a godersi il letargo. Le prime concrezioni, bianchissime, danno già un'idea di quello che troveremo proseguendo.
Camminiamo su massi di crollo, e si nota subito che per salvaguardare l'ambiente circostante, il percorso da seguire è stato tracciato con dei pezzi di nastro bianco e rosso da cui non bisogna uscire.
Neanche di questa grotta abbiamo il rilievo al seguito (dimenticato), cosa che poi, tornati a casa, ci svelerà il fatto di averla visitata solo per due terzi, escludendo pure i rami alti.


E' una grotta praticamente orizzontale, che si sviluppa in un concatenamento di sale unite da cunicoli e gallerie più o meno agevoli. Occorre prestare attenzione, perchè si cammina a ridosso di sprofondamenti e buona parte del percorso risulta particolarmente scivoloso.
Passiamo per una zona spettacolarmente concrezionata, Poco oltre vi è quello che pare l'accesso ai rami alti: da una parte la risalita su una maestosa colata, con corda fissa che però non da sicurezza, soprattutto visto il fatto che non abbiamo attrezzi e tutto è sempre molto scivoloso. Dall'altra un "bucone" sovrastato da una condotta freatica che domina la sala con le sue concrezioni arancioni che spiccano dalle bianchissime pareti
Dopo un tratto alto non più di un metro, il percorso si divide in un bivio: non avendo il rilievo si procede ad esplorare tutte le diramazioni fino a trovare il passaggio giusto. Un'emozione in più!
Dopo un lungo passaggio a carponi, in una condotta scavata e ventosa, arriviamo ad una delle sale principali, e qui si apre il vero spettacolo: la maestosità degli ambienti e la mole delle concrezioni parlano di una storia che va ben oltre i tempi dell'uomo.



Raggiungiamo quella che sembra essere la sala principale, immensa, dominata da un enorme "lingam" (leggi "cucco") circondato da laghetti asciutti caratterizzati da una moltitudine di cristalli che ne riempiono le cavità con forme e geometrie perfette, e che dobbiamo prestare attenzione a non rompere. Quì ci si ferma di più, c'è tanto da fotografare e io me ne approfitto per sistemare l'interruttore della frontale che sta dando problemi, seduto davanti al lingam, trovandomi praticamente per caso a fare da modello per una foto dal sapore tantrico/pagano, in cui il mio sguardo è rivolto adorante a questo maestoso e virile totem calcareo.
Sandro fotografa tutto quello che questa sala ha da offrire, e ci posizioniamo per la foto di gruppo, che, tanto per restare in tema, ha un sapore innocentemente orgiastico, al punto che qualcuno (come sempre non si fanno nomi) dichiara un'erezione fortunatamente mai verificata.

S-Team di oggi, da sinistra: 
Giorgio, Chicca, Chiara, Filippo, Alberto, San, Daniele, Laura, Simona, Ak

Si prosegue in un ramo ascendente tra stalagmiti, colonne e laghetti, sempre alternando gallerie a salette, il tutto immersi nella bellezza di una morfologia varia, mai banale nelle sue forme, tra concrezioni ricurve ed una sala ricolma di capelli d'angelo in cui è d'obbligo fermarsi per fare foto.
Pausa ristoro e si continua l'esplorazione. Mi trovo solo a superare un cunicolo fangosissimo che porta ad una galleria fangosissima che logicamente chiude nel fango. Nel frattempo, in un passaggio laterale vengono trovate delle "margherite" di cristalli, dove ci si ferma per tentare di fare una foto che riesca a catturarne la bellezza. Mi rendo conto del mio stato di salute, ma resisto, sono esaltato dalla bellezza che ho tutto intorno, ma non ho voce per decantarla.


Ci si avvia verso l'uscita, convinti che dalla primissima sala parta un'altro ramo, e ci si ferma lungo il tragitto per fotografare i punti che Sandro aveva memorizzato, con particolare attenzione alla sala del "bucone" dove si valuta la possibilità, scartata in seguito, di risalire la colata fino ai rami alti senza attrezzi.
Tornati alla sala iniziale, ci rendiamo conto che quello che pensavamo essere un secondo ramo della grotta è una galleria di pochi metri che chiude senza alcuno sbocco. Che si fa ora? E' troppo presto per uscire, e l'idea della risalita senza attrezzi non attira nessuno. Non resta che mettersi a cercare...
I provvidenziali Rossetto's (Filippo ed Alberto) trovano un passaggio sotto la frana, gli vado dietro, calandomi tra massi che non danno nessuna sicurezza, visibilmente appoggiati in maniera presumibilmente instabile, e troviamo altri segni di percorso. Si apre una grande sala freatica, lunga,quasi priva di concrezioni, ma non di fango, che se finora molti erano riusciti ad evitare, diventa qui il tema principale del contesto.
Ad un certo punto, dopo un salto attrezzato con corda e qualche saliscendi su massi coperti di fango, la sala, che in realtà è una grande galleria, si divide in due: Laura andrà a destra, io a sinistra. Il fango è onnipresente, e nelle discese su roccia diventa anche difficile da gestire, ma proseguo fino a trovare, con mia sorpresa, una scaletta di corda di appena un metro e mezzo, attaccata in strapiombo ad uno spit, che aiuta a salire ad un cunicolo che viste le mie condizioni non ho assolutamente voglia di affrontare; fortunatamente vengo raggiunto da Ak e Alberto, ed il secondo si offre per andarlo ad esplorare. Cunicolo stretto, fango, non sembra nulla di interessante, torniamo indietro. Nemmeno Laura ha trovato nulla di interessante; la grotta finisce lì, dove stanno scavando per congiungerla all'inghiottitoio esterno. 
Quasi quasi ci pentiamo di non aver tentato la risalita ai rami alti, ma tornare a casa presto, una volta ogni tanto, alletta la maggior parte di noi.
Salutiamo i pipistrelli, risaliamo il passaggio stretto dell'entrata e, decisamente prima del previsto siamo fuori dove ci cambiamo cercando di intercettare gli ultimi raggi di sole.
Saliamo nelle macchine e muoviamo verso la Pivovarna Mahnic, e ormai abbiamo chiara dalla sera prima l'abbondanza delle porzioni in uso nei locali sloveni, ma non ci facciamo spaventare, ordiniamo, mangiamo e beviamo e ci pigliamo pure il dolce.

E' stato un bel fine settimana, nonostante le influenze varie; abbiamo trovato tanta bellezza, di forme ed attitudini diverse a seconda dei vari ambienti in cui siamo stati, tanti spunti di riflessione per me e ricordi bellissimi per tutti. La tana del Bianconiglio che conduce al paese delle meraviglie è stata percorsa anche questa volta, e la mancanza di verticalità delle cavità che abbiamo visto è stata abbondantemente compensata dalla ricchezza che vi abbiamo trovato dentro.
Le meraviglie sono li, "nel Ventre della Madre", bisogna solo andarle a cercare.

Daniele Marton, S-TEAM



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