sabato 7 marzo 2015

Bus del Fun

Era un bel po’ di tempo si diceva di visitare il Bus del Fun, almeno da un paio d’anni.
Questa grotta, pur essendo relativamente vicina alle zone di nostra competenza (quelle che solitamente frequentiamo), è difficile da visitare, perché l’ingresso è chiuso da un lucchetto ed è sito all’interno di una proprietà privata. Ma, come si sa, nulla è impossibile….(purchè si possa fare!!!), e dopo una “tediosa ed impegnativa” operazione organizzativa ecco che si riesce a trovare il modo di contattare le persone giuste e a fissare la fatidica data.
…e finalmente in una tiepida giornata pre-primaverile si riesce ad organizzare un gruppo di 6 persone composto da Lara, Diana, Laura, Alberto Andrea e Tullio che hanno appuntamento con un “super-speleologo montelliano” il mitico Roberto Sordi del gruppo Naturalistico del Montello.
Il sole accompagna i nostri preparativi e preliminari vari, rendendo meno complicate tutte quelle operazioni che precedono la partenza; sulle dolci colline del Montello i locali hanno appena tagliato gli alberi in grandi cataste di rami in terra. Così la vista tutto intorno è più ampia, senza gli alberi.
E’ sabato mattina e regna un silenzio tranquillo.
Nessuna gara ciclistica, nessuna gara podistica.




L’ingresso è un unico pozzo verticale di 30 mt, armato in doppia per l’occasione.
La partenza si apre e l'apertura acquista subito una forma cilindrica costituita da pietre chiare; poi il pozzo si allarga per giungere al fondo.
Fino a inizio del 1900 circa il pozzo era fonte d’acqua per gli abitanti del luogo ma dopo il collasso della vicina dolina il percorso sotterraneo dell’acqua è cambiato vuotando completamente il pozzo.
L’acqua la incontreremo più avanti nel percorso che faremo, ora di quell’invaso naturale sotterraneo è rimasto solo il fango, l’abbondantissimo fango presente in ogni dove in questa grotta. In certi punti la sua presenza è talmente forte che si ha la sensazione, alzando il piede, di avere una specie di valigia (di fango) appiccicata agli stivali.
Il fango del Montello è un fango arancione e “tenace”: si attacca come una colla agli attrezzi, agli scarponi, alla tuta e a qualsiasi cosa ne venga a contatto rendendo ogni operazione più complicata e faticosa (fotografie in particolare).
Ci vorrà un bel lavoro poi la sera a casa per ripulire l’attrezzatura!
Il percorso seguito è vario e il conglomerato scavato in forme molto “dinamiche”. In alcuni punti le pareti arancioni ricordano delle vele mosse dal vento. In altri il profilo delle gallerie ricorda quello di enormi vasi greci. In alcuni punti si cammina in strette ed alte fessure, che, verso l’alto si restringono ulteriormente.


Il conglomerato qui è fatto da ciottoli costituiti per la maggior parte da calcari e dolomie saldati da un cemento calcitico. Questo tipo di roccia è molto raro e nel nord Italia ed è visibile pressochè soltanto in questa zona.
Le nostre ginocchia e stinchi hanno anche il piacere, all’andata, di percorrere una bella condotta, inizialmente strettissima, che ci costringe a lasciare momentaneamente gli attrezzi e l’imbrago che rallenterebbero inesorabilmente il nostro procedere - per fortuna - questo percorso ha sul fondo un soffice strato di sabbia che rende la nostra progressione più confortevole. Al ritorno verrà scelto un percorso differente, che prevede, fra l’altro, bassi laminatoi bagnati che richiedono, per essere superati, la nota progressione a “passo del leopardo”.
Lungo il nostro percorso interno, abbastanza pianeggiante, c’è solo un altro punto in cui è necessario usare la corda, solo per pochi metri però…..nonostante il percorso sia principalmente orizzontale la progressione è divertentissima, sempre diversa sviluppata in una serie di passaggi che impegnano il fisico e, una volta superati, rincuorano gli animi.


La meta oggi è la Sala Pietro Moro. Per raggiungerla facciamo sosta in una sala molto vicina a questa: la Sala del Silenzio che sta più o meno a metà del percorso. Si tratta di un salone enorme (rapportato con le dimensioni tipiche degli ambienti ipogei del Montello) che ha un soffitto, che nella parte centrale è formato da conglomerato mentre lateralmente, a formare una specie di bolla, è evidentissima la presenza di uno strato roccioso costituito da roccia arenaria (sabbia fossile sedimentata resa simile alla roccia) che si sta a poco a poco sgretolando (in tempi biblici): parte dell’antico letto del Piave. La presenza di questa roccia è legata al fatto che centinaia di migliaia di anni fa, il Piave che ora scorre ad est del Montello, passava proprio di qui prima dell’innalzamento del Montello. Noi siamo proprio finiti nel suo “letto fossile". L’innalzamento del Montello è stato causato dalle forti spinte delle due faglie sottostanti che spingendo l’una contro l’altra hanno provocato l’innalzamento di quella zona di territorio costringendo il fiume a trovare una diversa strada per scendere a mare.
E’ discutendo di questo che il gruppo ha modo di consumare un rapido spuntino prima di riprendere la marcia. Il rapporto creatosi fra di noi è eccellente, ogni occasione è spunto di simpatiche battute come in queste occasioni deve essere. Tutto ciò è fantastico.
Da parte di tutti c’è forte il desiderio di ritornare in futuro a visitare questa cavità che ci ha veramente conquistati. Accompagnati da questo pensiero, riguadagniamo l’uscita. Il pozzo di 30 metri ci attende (questa volta da fare in salita).
Ora il sole ha perso la sua timidezza mattutina e ci ritroviamo tutti marroni seduti sul prato.




Qualcuno nella inutile speranza di ripulire la tuta resa “marrone” dal fango si rotola nell’erba.
Fortunatamente i gentili abitanti della casa vicina ci permettono di risciacquarci la faccia imbrattata o meglio ancora sudicia di fango.
Ciliegina sulla torta, Roberto Sordi da una vicina altura ci mostra sulla superficie erbosa il percorso ipogeo che abbiamo seguito… sotto quella stalla… sotto quel fienile… poi sotto quella casa….un silenzioso mondo buio parallelo con marchiati nella roccia i segni del passato.

(https://www.youtube.com/watch?v=0nzHPbKRtZQ )

Lara & Tullio
Foto di Diana Carratta

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