sabato 4 agosto 2012

Dobra Picka in Canin

Il nostro desiderio di andare a fare una grotta sul Monte Canin è stato esaudito da Gianni Benedetti che ci ha organizzato un'uscita in “Dobra Picka”, a suo parere una delle grotte più belle e godibili della zona.
Pareva che dovesse saltare tutto a causa della mancanza di "s-teamisti" e del problema dell'esodo estivo che puntualmente blocca l'autostrada A4 in direzione di Trieste. Risolto con l'adesione in extremis di Massimiliano ed Alberto che ha pure messo a disposizione il suo camper consentendoci di partire venerdì sera con calma.
Sabato mattina ci troviamo al parcheggio di Sella Nevea con i triestini Gianni, "Sandrin", Laura e Paolo "Cubo" e con i nostri zainoni pesantissimi ci avviamo verso l'ingresso che raggiungeremo dopo circa un paio d'ore di cammino dalla stazione a monte della cabinovia, che porta al rifugio Gilberti.

La "fessura" dell'ingresso - Vista sul Canin

Simona è ancora dolorante alle costole dalla caduta in Rana e rinuncia ad entrare in grotta, Paolo ha problemi ad un gomito e, assieme ad Alberto decidono di entrare e fermarsi a visitare la parte ghiacciata. Sandrin è reduce da un blocco muscolare da mal di schiena, Damiano ha pure lui il gomito dolorante dalla Rana, Gianni un braccio non completamente a posto e Sandro è a rischio blocco di schiena per via dei grandi pesi trasportati. L'unica che sembra non avere nulla è la Laura che però è a digiuno di grotte verticali. Proprio un bel gruppo! :-)
Entriamo alle 12:30. L'ingresso è una stretta fessura in parete fatta a forma di genitale femminile (picka in sloveno) che immette in una piccola galleria che non è altro che la parte alta di una stretta diaclasi impostata su faglia in cui ci si cala tramite un P25 dove inziamo a prendere confidenza con gli armi "alla triestina": moschettoni senza ghiera e, complice una corda nuova di palla che si è ristretta, anse risicate con impossibilità di fare la chiave completa sul discensore.
Si atterra su un pavimento di ghiaccio vivo: è ora d'indossare i ramponi. La condotta continua in discesa con un P15 che passa in mezzo ad un ghiacciaio interno tutto levigato dalle correnti d'aria: spettacolare. Spesso si vede la vecchia corda completamente inglobata nel ghiaccio e, strepitoso, una patina trasparente ricopre completamente anello, nodo e corda alla partenza del salto successivo. Ci scateniamo con le foto ai particolari, sempre nei limiti di quello che consente l'obiettivo grandangolare 10-22mm.


Due metri più giù un imprevisto: un laghetto che di solito è completamente ghiacciato, oggi ha una sottile patina che si rompe col peso della persona e sotto c'è una spanna d'acqua che bagna gli scarponi. Sandrin riesce a passare e rompere una diga naturale di ghiaccio facendo abbassare il livello dell'acqua quel che basta per non gelarsi i piedi.
Qui ci lasciamo con Paolo ed Alberto che tornano fuori dalla Simona ed andranno a dormire ed aspettarci al bivacco Procopio.
Una strettoia kankara (che ci farà tirare non pochi porchi durante il ritorno) immette sul pozzo fessura che conduce ai grandi ambienti prima del pozzone di 105 m. Qui il ghiacciaio riempie quasi completamente la parte inferiore della galleria, ma negli ultimi anni si è notevolmente ridotto costringendo a riarmare con passaggi complessi in cui bisogna districarsi tra corde nuove e vecchie. Cinque metri più in alto è visibile l'armo vecchio, muto testimone di quale altezza si transitava una volta.


Via i ramponi e giù per il P105, inizialmente una fessura in diaclasi che poi si allarga nella parte bassa per poi esplodere nell'enorme cavernone alla sua base. Una nuova fessura immette in un P27 inclinato sul cui fondo stabiliamo il nostro campetto per la merenda ed un bel tè caldo.
Partiamo per la visita delle gallerie di quota 1600, la prima delle quali è un lungo rettilineo fossile, nebbioloso, ricco di riempimenti alluvionali e quindi un po' fangosiccio, ma che ci regala una magia inaspettata. Dal soffitto spuntano mazzi di aragoniti bianche, quelle del tipo ramificato in ogni direzione; incredibile, in Canin, a queste quote e con temperature così basse.

Il salone alla base del P105 - La faglia di quota 1600

Un salto di una decina di metri precede un piccolo tortuoso meandro che sarebbe uno spettacolo se si potesse vedere in pianta dall'alto. Siamo in una grande galleria che porta i segni di importanti riempimenti; essa termina improvvisamente di fronte ad una grande spaccatura generata da un imponente movimento di faglia. La prosecuzione del tunnel appena percorso si trova dislocato di 30 metri a destra e più in alto di 20! Risaliamo le corde che ci portano proprio lì e quel tratto di condotta circolare, dal diametro di circa otto metri, è veramente bella; valeva la pena arrivare fin qua.

 

Nel frattempo, chi ha già raggiunto il bivacco Procopio, si gode il cielo stellato della sera ed osserva da posizione privilegiata tutto l'altopiano del Canin settentrionale da cui iniziano a spuntare qua e là tante lucette degli speleologi che emergono dal sottosuolo per dirigersi verso i propri campi: emozionantissimo!
Ritorniamo al nostro campetto per cenare e poi con calma iniziamo la risalita del ritorno.
I primi sono fuori alle 2 di notte, gli ultimi alle 3; tredici ore e mezza di permanenza. All'esterno ci accoglie una luna quasi piena che illumina il paesaggio ed un clima estremamente piacevole (quasi caldo, se confrontato con i 2-3 gradi interni).

S-Team di oggi (effettivi e ad honorem): Sandro, Massimiliano, Damiano, Gianni, Sandrin, Laura

Una Lasko fresca ci bagna il gargarozzo arso; niente di meglio prima d'incamminarci verso il bivacco. Dopo un'ora di cammino, noi dell'S-Team siamo "cotti" dalla stanchezza e, vista l'incertezza sull'esatta strada da percorrere, decidiamo di "ammutinarci" ed andare a dormire con i nostri sacchi a pelo all'aperto su qualche prato, mentre i triestini proseguono fino alla loro meta.
Ci infiliamo nei sacchi a pelo che sta già albeggiando: stiamo da dio e prendiamo sonno immediatamente, ma non riusciamo a dormire tanto perché una marmotta ci suona la sveglia con una infinita sequenza di fischi.
Il ritorno al rifugio Gilberti avviene con numerose pause ed alla fine ci si ritrova in tantissimi speleo, tutti che rientrano dalle loro esplorazioni, campi o giri in grotta. Ma quanti eravamo in Canin questo fine settimana? Fantastico!


 
I rilievi del complesso del Foran del Mus sono stati messi a disposizione dall'archivio GTS

Tutte le foto fatte le trovi cliccando qui.

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