martedì 27 settembre 2011

Il Baratro!

Non so perchè Sandro Dalle Pezze ci tenesse così ardentemente, ma tanto ha insistitio e tanto ha fatto che finalmente è riuscito ad organizzarci l'uscita fotografica alla Via Antika nella Spluga della Preta.
Sabato mattina siamo in 21 (!!!) pronti a scendere in grotta. Un nutrito gruppo di Imolesi viene accompagnato dai Veronesi del GAM e, dato che erano in "pochi", han ben pensato di aggiungere anche qualche Vicentino del Proteo. Le corde di discesa sono solo due ed a tutti vien male a pensare alle possibili ore di fredda attesa che dovremo patire per risalire il P131.
Finche aspettiamo, Damiano si mette a fare il malgaro per allontanare delle mucche che, con il loro campanaccio, c'impedivano di sentire il "liii-beee-raaa" dal fondo. Poi è bello sondare le emozioni di chi si accinge a scendere il pozzone per la prima volta. Chi ci scherza su, chi ha paura di non farcela, chi cerca di rilassare la tensione facendo stretching, ognuno confortato da chi lo ha già fatto e che rassicura sul fatto che sarà bellissimo ed utilissimo per sbloccare la mente dalle paranoie da pozzo lungo.
Per fortuna la nostra squadra fotografica è l'unica che entra in Preta per "lavorare" e, giustamente, ci viene data la precedenza nella discesa. Damiano, affiancato da Gianluca Carboni da Forlì, arriva sul bordo della dolina e si trova un nodo sulla corda! Giorgio Annichini è sceso, ma ha armato il frazionamento solo sulla sua corda, senza lasciare detto nulla a chi seguiva. A Damiano gli sembrava strano che la corda pesasse un po' troppo!
Ci raggruppiamo tutti alla partenza del P108, ma noi lo attraversiamo alti su una cengia larga due spanne ed il vuoto sotto: impressionante quanto affascinante. Si risale un pendio colmo di sassi, camminando quasi sospesi nell'aria per il terrore di farli cadere nel P108, e poi si scendono un paio di saltini fino ad arrivare al Pozzo del Decennale. Per attraversarlo in testa si usa una corda con ansa lunghissima facendo il cambio attrezzi sospesi nel vuoto. Ci s'infila in uno stretto cunicolo, giù un'altra decina di metri con pendolata in una finestra laterale e poi, finalmente, IL BARATRO!
 Un gigantesco specchio di faglia, quasi verticale, occupa tutta la parete di destra, mentre a sinistra c'è una parete molto fratturata ed irregolare; in mezzo un canalino inclinatissimo che scarica in continuazione sassi e fanghiglia che vengono smossi dagli speleo durante la discesa. Per questo motivo l'armo è stato fatto in parete con continui pendoli tiratissimi che ci hanno costretto a montare quasi sempre i bloccanti per arrivare al frazionamento successivo tra un corollario di porki senza fine a causa della schifosissima fanghiglia che ricopriva qualsiasi cosa. La roccia è marcia ovunque si posano gli occhi. Anche gli armi sono stati fatti su blocchi di roccia compatta inglobati a quella incoerente.
Ci mettiamo tantissimo, ma alla fine siamo tutti al fondo. Mentre aspettiamo che scenda l'ultimo, scattiamo un paio di foto della zona del fondo con lo splendido camino laterale. Poi, subito riparte il primo che nel frattempo si è già altamente infreddolito.
Il fondo del Baratro o lo splendido camino laterale
Qualche foto di prova per aggiustare l'inquadratura e poi posiziono la macchina per la serie di scatti che documenteranno il Baratro visto dal fondo.
La risalita è una tragedia per tutti! Il fango impedisce ai bloccanti di fare presa e ci costringe a spingerli manualmente ad ogni pompata raddoppiando le fatiche e sparando a mille lo stress con conseguente rosario di porki a raffica. Come se non bastasse, a Simona si rompe la cinghietta pettorale del bloccante ventrale (rimpiazzata con un laccio da scarpe) ed a Donato si rompe il pedale (rimpiazzato dal cordino del sacco di Damiano).
La salita sui pendoli ci porta in alcuni punti a trovarci nel fondo inclinato dove scaricano i sassi di quelli sopra e quindi ci obbliga a sincronizzare la salita in base o dove si trova chi ci precede per restare in zona sicura. Siamo lentissimi; infatti quando arriviamo alla base del P131, alle ore 22, siamo gli ultimi. Gli Imolesi, che erano andati fino a Sala Cargnel, sono già risaliti e Giorgio Annichini è in corda che chiude il gruppo. Merd! Ci toccherà disarmare.
Donato è stracotto dalle fatiche fatte per risalire il Baratro: ci metterà quasi due ore per uscire dal P131! E' incredibile quanto freddo si prende ad aspettare alla base di questo pozzo. BRRR !!! Prima di partire mi sgorno una red-bull e mi ciuccio una "bombetta" energetica che mi fa risalire in mezz'ora senza sentire la minima fatica. Non per niente ..... "red-bull ti mette le aaaaliiiii..." !! ;-)
All'una di notte siamo fuori tutti. Una volta cambiati, scendiamo a Fosse per concludere come si deve un'uscita memorabile al bar davanti ad un bel birrozzo e, per le freddolose signore, una tazza di tè bollente.
Un ringraziamento speciale a chi ci ha armato la discesa al Baratro appositamente per consentirci di andare a fare la documentazione fotografica. A loro va tutta la nostra ammirazione per il culo che si sono fatti e per i numeri che avranno fatto per attrezzare i tanti passaggi aerei e complessi che c'erano. Bravi!
Complimenti alla Lara, neo-corsista da neanche un anno, che, grazie alla sua quasi bradipesca calma e meticolosità, è riuscita a togliersi dagli impicci di manovre semi-critiche che hanno dato filo da torcere anche ai più esperti.
Come se non ci bastasse un'uscita del genere, domenica attraversiamo tutti i Lessini veronesi per andare nei pressi di Bolca al Buso dei Pisaroti per rifare alcune foto da inserire nella mostra che sarà presentata al raduno di Negrar e soprattutto per pulire tuta ed attrezzi dal fangazzo accumulato al Baratro.
Questa grotta è a mio parere una delle più belle dei Lessini: scallops ovunque e morfologie d'erosione veramente spettacolari..
San

S- Team di oggi: Damiano, Gianluca da Forlì, Sandro, Simona, Donato e Lara che ci sta fotografando

lunedì 19 settembre 2011

Grotte TSS: le petite Lechuguilla

18 Agosto 2011
Trou Souffleur de Salindre, questo il nome completo della grotta e significa buco soffiante di Salindre. Si trova nei pressi di Andouze, nel sud della Francia.
Abbiamo scoperto per caso l'esistenza di questa grotta sfogliando le foto di alcuni miei contatti su internet. Dopo una ricerca sul gruppo speleo che opera in zona, sono riuscito a contattarli ed a fissare una data per la visita. La vacanza programmata in Francia è stata opportunamente adattata per consentirci di non perdere questo appuntamento, occasione e privilegio unici perchè, per la tutela della grotta, sono consentite solo 12 visite all'anno e con un massimo di 8 speleologi (no turisti!) alla volta. L'onore è stato ancora più grande quando abbiamo saputo che eravamo i primi italiani a visitarla. Sono certo che il nostro curriculum fotografico è stato un ottimo biglietto da visita, altrimenti non credo che ci avrebbero consentito di entrare.
Scoperto nel 1997, quel minuscolo buco soffiante è stato aperto in due tornate di scavi, una nel 2000 e poi nel 2004 ed a chi è entrato per primo si è svelato un mondo da fiaba!
Aragoniti ovunque! Moltissimi dei passaggi devono essere fatti con la massima cautela perchè si passa a pochi centimentri da splendide concrezioni. Alle salette più belle si può accedere solo due alla volta ed il passaggio nelle zone più delicate è precluso ai visitatori per evitare il rischio che movimenti incontrollati possano causare danni.
Affinchè i ciuffi di aragonite possano svilupparsi così tanto, bisogna per forza che la grotta sia antichissima. Infatti, all'esterno, ci è stato possibile osservare delle concrezioni da colata all'aria aperta; cioè la grotta che ci stava sopra è crollata ed è stata asportata verso valle del pendio da antiche glaciazioni e dagli agenti atmosferici.
Le aragoniti hanno avuto modo di svilupparsi abbondantemente anche sopra stalattiti crollate chissà quando.
Dato che per noi era la prima volta che vedavamo le aragoniti, ci siamo concentrati nella fotografia dei particolari, tralasciando la parte di documentazione degli ambienti. D'altronde avevamo poco tempo e, se ne avessimo avuto la possibilità, saremmo rimasti dentro per almeno due giorni senza mai staccarci dalla macchina fotografica!
La bellezza di questa grotta l'ha portata ad essere paragonata ad una piccola Lechuguilla.
Per proteggerla, oltre alle limitazioni d'accesso accennate prima, l'ingresso viene ogni volta tappato sotto un metro di sassi e macigni e la superficie mascherata con rami ed arbusti. Al suo interno c'è poi un cancello con due lucchetti a serrature speciali. Ben venga! Se serve a salvare simili meraviglie.
L'accesso al geode della saletta terminale, può essere fatto solo dopo essersi tolti tuta, scarpe e depositato qualsisi indumento sporco. Si cammina sopra i cristalli e si soffre come dei fachiri sopra i chiodi!
Un ringraziamento speciale a Laurent Boulard per averci accompagnato e fatto sognare ad occhi aperti.
Appena disponibile (chissà quando) vi faremo vedere anche il video.
S-Team di oggi: Sandro, Simona, Alberto, Chiara, Laurent
Vedi tutte le foto fatte cliccando qui.